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Impianto a Salanetti: carbone dall'umido ed emissioni minori del compostaggio

Gielle: "Un'opportunità per Capannori"

La Redazione
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È stato presentato in conferenza stampa questa mattina (martedì 9 settembre) il progetto di Gielle sull'impianto di carbonizzazione che dovrebbe sorgere a Capannori, nella zona di Salanetti.

Si tratta di una centrale di carbonizzazione idrotermale che la Gielle è pronta a realizzare: "Questo è un impianto all'avanguardia – spiega il responsabile del progetto, Massimo Manobianco – cosa che è stata più volte evidenziata nel corso dei molteplici incontri che abbiamo avuto fino ad oggi.
Un progetto che, senza esagerazione, entra di diritto nel novero di quelli di Blue Economy. Il nostro obiettivo è quello di entrare nello specifico del progetto, per rendere noti alla stampa numeri, caratteristiche e punti di forza".


Vediamo il progetto nello specifico.
Si tratta di un impianto industriale di carbonizzazione idrotermale che vedrà in partnership un gruppo di operatori, impegnati in un'operazione economica ambiziosa e interamente finanziata da privati. Il procedimento, altamente innovativo, consiste, attraverso il recupero e il trattamento dell'umido organico e del verde, nel raggiungimento di un duplice obiettivo: da un lato, la produzione di bio-carbone; dall’altro, la chiusura in loco del ciclo dei rifiuti.
In altre parole: questo impianto riproduce, grazie a temperatura e pressione costanti, il processo di carbogenesi in modo industriale e in sole 8 ore, utilizzando umido, organico e verde. Ciò che avviene in natura con il materiale organico.
Lo scopo però, non è quello di creare carbone da finalizzare alla combustione. "Il nostro traguardo è creare un circuito che possa vantare tassi "in negativo" di CO2". Infatti il bio-carbone generato dall'impianto potrà essere utilizzato per nuovi filtri (da utilizzare in altri impianti) o vernici, in modo che i valori di anidride carbonica vengano abbassati drasticamente.

Un'altra importante caratteristica, è l'autosufficienza dell'impianto dal punto di vista idrico ed energetico.
Il processo di carbogenesi, secondo il progetto presentato, si attesterà con un parametro di 4:1, quindi per le 60.000 tonnellate (di cui più del 50% costituito da acqua) di umido in entrata previste, verranno prodotte 15 tonnellate di bio-carbone (in foto).

L'acqua prodotta in eccesso dal processo dopo essere passata dall'ultrafiltrazione e osmosi per il recupero del concentrato (prodotto di interesse per le aziende che producono fertilizzanti organici), viene poi scaricata nella rete fognaria industriale in ragione di 2mc/ora. Un quantitativo minimo, accolto positivamente da Acque SPA.
La durata del ciclo di produzione è di 8 ore contro i 28/40 giorni della biodigestione e compostaggio. Una bella differenza.
Con un ciclo così veloce i quantitativi di rifiuti putrescibili in giacenza sono fino a 100 volte inferiori rispetto al compostaggio ed ecco perché l'impianto ha una ridotta esigenza di area, limitando così il consumo di suolo.
Un altro punto di forza risiede nella riduzione delle emissioni. Infatti, per ogni tonnellata di rifiuto organico trattato con carbonizzazione idrotermale anziché con impianto di compostaggio con digestore, si evita di immettere in atmosfera 1,3 tonnellate di anidride carbonica per un totale a regime di 78.000 tonnellate annue.

Senza considerare il problema del metano: nell'impianto industriale di Salanetti non verrà prodotto.
Infine gli scarti: "Non esiste impianto di compostaggio che non abbia scarti - continua Manobianco - Noi abbiamo scarti zero".

Un progetto simile attualmente non esiste in Italia, e si trova solo a Valencia, in Spagna, dove ha già portato notevoli vantaggi, tanto da essere considerato un fiore all'occhiello della sperimentazione, dell'innovazione tecnologica e della salvaguardia ambientale a livello europeo.
"Quella di Valencia è una storia che merita di essere raccontata - sottolinea il titolare della Gielle, Luca Gelli - perché è emblematica. L'impianto spagnolo, all'avanguardia per progettazione e brevetti, è stato realizzato da due ingegneri dai quali abbiamo acquisito i brevetti per il nostro impianto di Salanetti. Si tratta di un impianto che ha avuto il sostegno concreto dell'Unione Europea, che ha finanziato il primo progetto sperimentale sia direttamente, sia attraverso la Comunità Valenciana (organismo assimilabile alle nostre Regioni).  Questo significa che l'impianto, compreso il nostro, ha già superato tutte le rigide prescrizioni ambientali della comunità europea".


L'impianto sfrutta ben quattro brevetti che, attraverso la regolazione di temperature e pressioni, in un procedimento industriale all’avanguardia e con un ciclo temporale brevissimo, permette di realizzare, oltre al biocarbone, da utilizzare in sostituzione del pellet da legna e da immettere sul mercato come combustibile, anche acqua fertilizzante.
Ma non solo: l’azienda, all’interno del proprio stabilimento, ha già previsto l’organizzazione di un laboratorio di ricerca in collaborazione con Lucense, società consortile partecipata, tra gli altri, anche da Provincia e Comune di Capannori, e con l’Università di Pisa. Ricerca finalizzata allo studio di possibili nuovi impieghi, come ad esempio l’utilizzo del prodotto come materia prima per ulteriori processi industriali. Il tutto mirato ad una progressiva riduzione, fino all’azzeramento, delle emissioni di anidride carbonica.
"L'impianto previsto dalla Gielle tratterà esclusivamente rifiuti organici e dunque non pericolosi e qualificati a tutti gli effetti come biomassa - precisa ulteriormente il responsabile Manobianco - Elementi che sono stati specificati anche nella relazione tecnica presentata per la valutazione di assoggettabilità dell’impianto a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Anche i codici CER elencati sono quelli che comprendono tutte le tipologie di rifiuti organici, così come richiesto per gli impianti di compostaggio. Per ulteriore chiarezza, poi, tengo a specificare che non verranno lavorati fanghi industriali chimici e non biodegradabili o legno trattato. Un rifiuto, quest'ultimo, che rientra a pieno titolo nella categoria dei rifiuti pericolosi, indicato con il codice CER 030104 e/o 200137, entrambi esclusi dalla relazione predisposta dalla Gielle e consultabile online sul sito della Provincia di Lucca".

Le emissioni
La centrale termica a servizio dell’impianto funziona a cippato o pellet (dunque, energia rinnovabile al 100 per cento) e ha una potenza termica che varia da un minimo di 300 kW a un massimo 3 MW adattandosi di continuo alle esigenze dell’impianto e minimizzando dunque l'energia consumata.
"Per dare un'idea concreta - continua Manobianco - 3 MW è la potenza che serve ad alimentare un albergo di medie dimensioni e quindi ridicola in termini assoluti, se si pensa che stiamo parlando di un impianto industriale. La potenza in questione è talmente ridotta per cui non viene neanche richiesto il controllo in continuo delle emissioni (fino a 50 MW non è necessario il controllo). La nostra intenzione è comunque quella di eseguirne periodicamente e di pubblicare i dati aggiornati di volta in volta sul sito dell'azienda. La potenza massima indicata, poi, servirà solo nella fase di partenza a freddo dell'impianto: la reazione messa in atto, infatti, oltre a produrre la carbonizzazione organica, libera anche energia. E liberando energia, contribuisce al mantenimento energetico della struttura durante la fase di lavorazione, senza la necessità di ricorrere alla centrale termica".
Le emissioni massime raggiunte sono di 42.000 Nmc/ora e sono per il 70 per cento composte da vapore acqueo, essendo quelle derivate dall'essiccazione del biocarbone a valle dell'impianto. Le emissioni della centrale termica concorrono per meno di un terzo a quel quantitativo complessivo di 42.000 Nmc/ora e cioè per 13.200 Nmc/ora solo in condizioni di piena potenza. Situazione, quest'ultima, che si verifica solo nella fase di avvio dell'impianto da freddo. «La centrale potrà essere alimentata dal biocarbone autoprodotto - spiega il responsabile del progetto - un fatto sicuramente positivo, che comporta anche un risparmio di risorsa rinnovabile e ha lo stesso bilancio di emissioni con CO2 zero».

Perché proprio la zona Salanetti, a Capannori: "Abbiamo individuato l’opportunità di utilizzare un fabbricato industriale già esistente, evitando perciò nuovo consumo di territorio in un sito già urbanisticamente indirizzato e utilizzato da altre aziende - conclude Gelli - Inoltre, dal nostro punto di vista, aver scelto il territorio del Comune di Capannori è di fatto un riconoscimento all’Amministrazione per i grandi risultati ottenuti con la politica Rifiuti Zero.
Amministrazione alla quale il nostro progetto si propone come un’ulteriore opportunità per alimentare il ciclo virtuoso intrapreso. Questo progetto nasce dall’esigenza concreta di trovare soluzioni alla gestione dei rifiuti umidi organici a livello regionale e nazionale e sarà in grado, grazie alla sua tecnologia, di ridurre i costi per le amministrazioni, per le aziende speciali e, quindi, per i cittadini, in un momento, tra l’altro, in cui le condizioni economiche generali legate al basso costo del denaro favoriscono una politica di investimenti, orientati alla crescita produttiva e occupazionale".

In caso di approvazione del progetto (prevista per fine 2014), secondo Gelli e Manobianco, l'impianto potrebbe essere operativo già da fine 2015.

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